Cuba: sin prisa pero sin pausa.

Vietnam: la meta del Viaggio di quest’anno.
Era deciso dalla prima foto vista, dai primi racconti di Gulli, dall’amore per l’oriente, dai ricordi della Thailandia.
Complice una sensazione prima, uno scalo scomodo ad Instabul poi ed un golpe a conferma che le sensazioni vanno ascoltate quasi sempre… il viaggio di cui vi sto per raccontare è esattamente dall’altra parte del mondo.

Non c’è stato bisogno di far roteare il mappamondo e puntare il dito e nemmeno di farci guidare dall’offerta del momento per sapere che Cuba sarebbe stata cornice e contenuto di questa estate.

La formazione?
Bellizzi, Condina, Orefice.
Ok, ma ora, trolley o zaino? Shakespeare si rassegna sapendo che il suo dilemma non reggerà mai il confronto.
Ma anche Decathlon è dalla nostra e presto (si fa per dire) fatto, si parte!

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Se Pollicino lasciava briciole per ritrovare la strada verso casa, io lascio pezzetti di cuore in giro per il mondo per ricordarmi ogni volta quanto è importante uscire dal proprio porto sicuro.

Mi avevano parlato di una Cuba pericolosa, dove per trovare una saponetta devi fare un patto col diavolo e dove chiunque cerca di fregarti.
Sono partita pensando che avrei trovato prostitute ad ogni angolo della strada e che l’atmosfera di Via Sannio sarebbe stata l’habitat per i successivi 15 giorni.

La realtà è che per creare uno stereotipo ci vogliono 5 minuti e un fitto passaparola.
Per sfatare un pregiudizio la possibilità di salire su un aereo e guardare, per non diventare cieco.

E noi gli occhi li abbiamo tenuti sbarrati dal primo istante.
Da quando abbiamo messo piede sul primo gruzzolo di sabbia a Varadero, scoprendo che i cubani non prendono il sole per non scurire la pelle, che stanno dentro l’acqua nello stesso modo in cui noi chiacchieriamo in un bar.
Abbiamo scoperto che il mare della Sardegna, quello della Sicilia o del Salento non hanno proprio nulla da invidiare.

Ma non è Varadero che ha lasciato il segno, anche se, a proposito di occhi, è guardando dentro quelli di Alessandro che ci siamo fidate a lasciare nelle mani di uno sconosciuto i soldi per noleggiare una macchina, in cambio di una promessa “tra un’ora torno e partiamo

Ingenuità?
Incoscienza?
E se non torna?
2 romane e una napoletana che si lasciano fregare a Cuba
Guarda che sòla che abbiamo preso, eh

Ma Alessandro spacca il minuto e noi siamo in macchina. 
Che siamo state fortunate ad incontrarlo lo scopriremo solo poi, in quel momento ringraziamo e ci godiamo la gioia di sapere che è ancora possibile credere nella bontà di uno sguardo e nella palabra de un hombre.

Direzione Cienfuegos.
Ma facendo prima tappa a Play Giron e al Parco del Nicho.
E se posso dire che questo Viaggio è stato un crescendo è perché la tappa successiva di un itinerario improvvisato è Trinidad.

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Ecco sì, parliamo di Trinidad.
Parliamo delle case colorate.
Parliamo dei nonni che la abitano.
Parliamo di un patrimonio.
Parliamo della casa con piscina.
Del Cocktail di benvenuto.
Parliamo della casa della Musica prima e della fuga dal pub dopo.
Del gelato cubano, ecco no, di quello non parliamo e nemmeno delle 5 ore ad aspettare Alessandro.
Parliamo piuttosto della salsa ballata a piedi scalzi (e del vetro di bottiglia tolto con le pinzette da Ale poi, ndr.), della passeggiata souvenir e del temporale pomeridiano.
Oppure no, non parliamo e ascoltiamo il rumore del mare a Playa Ancon.
Godiamo dei momenti, dei fermo immagine, ce li viviamo tutti.


Sin prisa pero sin pausa.

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Si risale in macchina per affrontare il viaggio più lungo del Viaggio.
Non prima di esserci fermati in una piantagione di canna da zucchero perchè Ale “ho già la foto in mente“.
Si parla della storia di Cuba, leggiamo assorte le nostre guide, ascoltiamo musica latina e la mescoliamo a un po’ di buon cantautorato italiano.
Alessandro ci racconta e si racconta.
Rimaniamo quasi senza benzina ma in quel momento niente ci preoccupa, il modo di vivere cubano inizia a contagiarci, iniziamo ad abbassare ogni difesa e reticenza.

La meta è Pinar del Rio, l’altro pezzo di cuore farà infatti domicilio a Valle de Vinales, nella casa particulares della nonna di Tweety e Gatto Silvestro (prego vedere diapositiva)
Il tempo qui si è fermato per un po’.
“Ma mancano ancora 10 giorni?” Manu è felicemente incredula.

E’ questa la tappa dove si è andate a cavallo.
Dove una coincidenza che non ci credo ancora, ma che mi ha portato ad incontare Edo e la sua famiglia dall’altra parte del mondo.

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Dove i tramonti il fiato te lo strappano con prepotenza.

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Sono questi i giorni dove le mie Amiche mi hanno festeggiata a dovere e con piacere, riuscendo ad infilare in un backpack il regalo del mio compleanno, le candeline portate da Roma, la torta trovata non si sa come, in un paese dove i dolci sembrano un miraggio.
E’ la tappa degli occhi lucidi a leggere certi messaggi di auguri arrivati oltreoceano e a ricevere il regalo della nostra nonna Cubana.

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Ma il nostro è un on the road e ‘sta volta la roadmap dice L’avana.

Da qui i ricordi sono nitidi ma alla rinfusa.
Scopriamo una Cuba diversa, più scaltra, più irriverente.
La musica permea ogni angolo di questo Paese e ancor di più di questa città.
Ci lasciamo conquistare, cullare.

L’immagine che ho da questo momento in poi è di chi arriva in spiaggia, si spoglia, posa la borsa del mare, e così piedi nudi nella sabbia sa che non ha più bisogno di nulla.
Va verso il mare e inizia a vivere, a ballare, a cantare.

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A L’Avana usciamo la mattina da casa e decidiamo che non è necessario tornare a casa a cambiarsi, che in fondo i capelli pettinati dal vento e le guance truccate dal sole sono l’outfit migliore.

 

Scopriamo che la Pina Colada vince a mani basse su qualsiasi mojito, cuba libre a caipirinha.
Che dall’edificio Bacardi puoi innamorarti de L’Avana.
Ma in fondo basta camminare per qualsiasi calle de L’Avana Vieja per infatuarti della sua atmosfera.


Noi decidiamo di fermarci a Plaza de la Catedral e lì vengo letteralmente rapita da una coppia di artisti che suonano e cantano.
La Musica, ragazzi.
Che musica.

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Da questo momento in poi si resta a L’avana, si va via, scopriamo Matanzas, ci manca L’avana.
Saliamo su taxi, facciamo l’autostop, si va in macchina in 7.
Balliamo in spiaggia. Beviamo in spiaggia. Piangiamo in spiaggia.
Giriamo con un cassa, un vestito da sposa e una chitarra.
Ceniamo con gli occhi lucidi e abbandoniamo i pensieri.
Viviamo leggere ma piene.

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Prima di salire sull’aereo ho letto che certi Viaggi iniziano molto prima di partire.
Io non so dov’è iniziato questo Viaggio, quello che so è che ancora non è finito.

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Sopravvivere ad un trasloco – lo stai facendo sbagliato!

La cosa bella dei traslochi (ah, c’è una cosa bella, quindi?!)
Dicevamo.
La cosa bella dei traslochi è che sì, prepari le scatole, ti spazientisci ed annoi a morte, procrastini come mai nella vita, tiri fuori un sacco di polvere, apri e chiudi il frigorifero ancora più compulsivamente…ma è anche un po’ come aprire il tuo personale vaso di Pandora.

E come quando apri una scatola confezionata dove tutto è stato incastrato al millimetro …poi niente ritorna al suo posto e anzi, ringrazia se rientra tutto.
Puoi pure mentire a te stessa e farti credere che hai fatto un corso in impacchettamento, ma cara mia..non s’ha da fare!
Quindi sei lì che cerchi di ottimizzare qualsiasi cosa.
Il tempo
lo spazio
lo scotch
apri il frigorifero
il cartone,
fai le liste
chiudi il frigorifero
le scatole grandi
quelle piccole e…ok. si è capito. 

E finisce che l’unica cosa che ottimizzi è il fatturato di Kleneex

Ed è assurdo come ogni volta (ah già, vero! “Ciao sono Micaela ho 25 anni e sono al mio sesto trasloco“).
Dicevamo.
E’ assurdo come ogni benedetta volta parti convinta di fare man bassa di fogli, foglietti, biglietti del cinema, scontrini, rose appassite, cd masterizzati e gadget improbabili presi in altrettanti eventi improbabili.
Ti senti un po’ come quegli pseudo mostri che si vedono nei film, sì quelli tritatutto con tanto di armatura pronti a sterminare l’intera umanità.
E tu pensi di essere più o meno come loro con la tua specie da sterminare, quella dei ricordi e alla fine hai la conferma che non solo sei un’accumulatrice seriale, ma a quanto pare sei pure un’inguaribile romantica.
E con gli anni, ‘ste due caratteristiche possono fare grandi cose insieme: sì portarti a vivere in una cemeretta che sembra più che altro un robivecchi, per esempio.

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Succede quindi che ti prepari psicologicamente alla nuova era del “ciao sono Micaela (quella di prima!), ho 25 anni e sono 3 giorni che non accumulo niente!” e…velocizzi i gesti.
Una sorta di lotta contro-il-tempo-contro-te-stessa.
Della serie “e mo’ ti frego!
Certo, se tu il biglietto del cinema che si è sbiadito e non sai più nemmeno a quale film faccia riferimento, lo butti velocemente senza guardarlo, potrebbe essere che ce l’hai quasi fatta!
Un po’ più complicato quando hai davanti la fascia del primo concerto di Ligabue, che pure se è un po’ impolverata fa sempre la sua porca figura o la corona di alloro della laurea che ogni giorno perde una foglia ma che tu con perseveranza lasci lì agonizzante in attesa di una morte definitiva.

E alla fine arriva…Molly! No, alla fine arrivano i libri.
E da quelli non ci si separa a prescindere. Mai. Never. Nunca. Non se ne parla!
Anzi, non vedi l’ora di risistemarli nelle future librerie, anche con un certo ordine, il tuo.
Ci sono quelli che ti porteresti un po’ ovunque.
Quelli che ho portato anche a Torino, così…per farmi compagnia.
Per rendere una casa nuova, la mia casa.
Per quell’aria familiare che sanno avere i libri.

Li prendi in blocco, li incastri a tetris negli scatoloni.
Lo sai che li porterai.

Sono i superstiti di qualsiasi trasloco per questo non ci perdi troppo tempo.
Quasi con tutti, tranne che con lui. Il tuo primo libro.

Dai, le abbiamo tutti quelle letture che un po’ ti cambiano.
Un po’ per sempre intendo.
Sono quelle che tornano ricorrenti nella vita, che giocano a nascondino ma che certe volte voglio proprio farsi tanare. “ciao, io mi nascondo, ma se tu proprio non mi trovi vienimi a cercare qui, nascosto in quella frase che proprio sarebbe perfetta per questo momento della tua vita.”

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Ecco. Il piccolo principe.
Il mio, non quello che ho reagalato a Jacopo a Natale.
Non quello che ormai trovi pure al supermercato. No, proprio il mio.
E sorrido.
Non per la carta ingiallita, per la copertina trasparente con la quale lo avevo foderato.
Non per il segnalibro a forma di tartaruga.
Perchè lo sfoglio, finisco quasi per leggerne metà e arrivo ad una frase e come consuetudine quando un pensiero mi colpisce, faccio un’orecchietta alla pagina.
E sorrido
Perchè mi accorgo che quella pagina l’orecchietta ce l’ha già. E allora penso che cambiano tante cose.
Cambiano le case, cambia la famiglia, cambia che sei più grande, che certe parole non hai più bisogno di andare a cercare sul dizionario e che a prescindere adessero useresti internet.
Cambiano i comodini cui poggiarceli sopra i libri, e cambiano i cuscini dove abbandonare i pensieri.
Ma certe cose no, non troveranno mai il tempo come proprio alleato.

«Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’…”
“Creare dei legami?”
“Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”»

Ah, che belli i traslochi!
(Questa frase potrà essere utilizzata contro di me, ho diritto a rimenere in silenzio, ho diritto ad un avvocato, ma se è un facchino tutto fare, meglio!)

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Il mio viaggio #overtherules con Andrea Cavallo Perin

Immaginate di avere una pentola a pressione con dentro dei colori. Bene, fatela esplodere.
Avete davanti a voi l’immagine?

Ecco, questa è stata la sensazione che ho provato quando ho chiuso la telefonata con Andrea Cavallo Perin.
Una carica di adrenalina. Tanti aneddoti e molti episodi.
Caos disordinato.
Uno scambio di idee e un mucchio di curiosità ancora da esaudire.

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Ma chi è Andrea? è lui.
(Ci sono quelle volte in cui i link possono essere trascurati. Ecco, non è questo il caso: cliccate prima di continuare a leggere!)

15 giorni.
Da Torino fino a Messina , dove ha passato volutamente la notte in spiaggia.
Ma questo l’ho scoperto alla fine. Partiamo dall’inizio.

7 Agosto la condivisione di quel video sulla bacheca di un’amica comune.
Il suo viaggio e la mia curiosità.
Passiamo per facebook. Ti va di raccontarmelo? Certo, sentiamoci al telefono.

Un botta e risposta di presentazioni velocissimo e Andrea inizia a raccontarmi, a raccontarsi.

La cosa bella è che non c’è bisogno di rompere il ghiaccio. Entriamo subito in sintonia.
E lui entra subito nel vivo.
Era di ritorno da una riunione di lavoro “incontro un ragazzo, 20 anni, in autostop tenta di raggiungere la fidanzata che non vede da 8 mesi. Non vado in quella direzione e il passaggio che posso dargli rischia di rendere il suo viaggio ancora più difficoltoso. Sono le 20:00 passate, c’è un’alta probabilità che resti la notte fuori. Così gli offro ospitalità promettendogli un passaggio l’indomani”.

Andata.
Il ragazzo dall’accento simpatico, sale in macchina.

“Passiamo una serata bellissima” mi dice.
Il giorno dopo, quando arriva il momento di separarsi, Andrea prova una sensazione pazzesca, sente di aver fatto parte di un Viaggio, di qualcosa di grande.

Questo pensiero così pazzesco e così intenso, genera però un vuoto.
Ed è proprio questo a trasformarsi in uno stimolo: non riesce ad accontentarsi di quel briciolo di felicità.

Questo binomio di sentimenti contrastanti gli fa compagnia durante il Cammino di Santiago, (che sta facendo in più tranche), tanto da fargli buttar giù la bozza del video.
(L’avevo detto io che dovevate cliccare!)
E sì, è tra quei sentieri che nasce il più bell’esperimento di interazione sociale al quale io abbia mai assisistito.
E non solo io.

18.000 visualizzazioni in meno di un mese.

17 Agosto. Si Parte.

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E il plurale non è maiestatis.
Si parte, partiamo tutti insieme.
Questa esperienza è stata possibile grazie a chi ha deciso di sentirsi parte integrante di questo viaggio.

“Avrei potuto girare semplicemente l’italia in autostop. Ma non sarebbe stato lo stesso.
Quello che desideravo era permettere a più persone possibile di provare la stessa sensazione che avevo provato qualche mese prima.

E così è stato.
Questo viaggio Andrea lo ha fatto insieme a migliaia di persone.
Insieme a chi ha trasformato il like di facebook in un passaggio, i commenti in un pasto frugale e chi ha condiviso offrendo un letto o alla peggio un divano.
Insieme a me che lo sto raccontando, a voi che state leggendo.

Cerco di placare la mia curiosità, ma sento che stanno per partire le mie domande a raffica.

Hai mai avuto ripensamenti?
“mai, e non appena pensavo ad eventuali ostacoli, l’entusiasmo e il supporto di tutte le persone che mi hanno incoraggiato, era sufficiente per rafforzare le mie convinzioni”

Tanti posti, tante persone. Senza pensarci, dimmi la prima tappa che ti viene in mente.
…non riesco, penso a dirtene una ma mi viene subito in mente quella prima o quella dopo…”

Non demordo.
“Ok, se devo scegliere Napoli. Le persone, la città.. ti prende, ti trasporta, ti porta via.”
Come dargli torto.

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Photo Courtesy: Lorenzo Franco

Continuo chiedendogli se l’itinerario seguito fosse già pianificato da casa
Mi dice di no, che ha fatto scegliere alle persone che lo hanno supportato. Che ha scelto in base alle proposte arrivate di volta in volta.

Con un video-buongiorno e senza sapere dove andrà.
E’ così che inizia ogni giornata.

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Ho letto su fb che qualcuno non ha capito lo scopo di ciò che hai fatto. Scrivono che volevi semplicemente farti una vacanza a zero spese…
A chi ha criticato a prescindere, ho cercato di spiegare almeno una volta – almeno una – il perché di questo progetto.
Così è stato insegnato a me: ad ascoltare prima di giudicare. Ma è così, non si può piacere a tutti.

Le parole continuano a scorrere.
Andrea mi racconta un mucchio di cose.
Mi dice che è rimasto sorpreso dal fatto che la maggior parte del supporto è arrivato da ragazzi della nostra età.
Mi racconta dell’esperienza a Campo Martio dove un gruppo di ragazzi si ritrova ogni anno per una rievocazione storica.
“nessuno può portare nessun tipo di tecnologia. Stavolta è stata fatta un’eccezione solo per me. Si da vita ai secoli passati.

Poi mi spiega che ha ricevuto un passaggio da un responsabile marketing di Yoox “una persona molto precisa, rigorosa. Ed io nel lavoro sono così.”
E’ a questo punto infatti, che mi dice che ogni persona che ha incontrato, ha saputo tirar fuori un aspetto diverso del suo carattere.
Che ha incontrato persone molto diverse, che ha accettato il passaggio di Francesco “abbiamo rischiato la vita 3 volte in 30 kmho perso 10 anni di vita!”

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Parliamo di Ascoli, del fatto che inizialmente non avrebbe saputo dove appoggiarsi e che non sarebbe stato un problema dormire fuori. Che poi ha incontrato chi gli ha sapientemente fatto apprezzare il fascino inaspettato di questa città.

Presto monterà un video con queste immagini ed io, non vedo l’ora di vederlo.

Alessia, Lorenzo, Francesco, Jeka, Federico…e quanti nomi poter fare ancora.
Questo di cui avete appena preso parte, è stato il loro viaggio e di tutti coloro che nella vita vogliono sentirsi e vivono #overtherules.
Il viaggio di chi lo ha tatuato, ma anche di tutti quelli che hanno risposto ad una richiesta per decidere come tatuarlo.
Per questo la scritta è rivolta verso l’esterno “perchè tutti possano leggere, perchè l’esperienza è di tutti”

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Tattoo realizzato da Jhon Tatto Studio

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E’ arrivato anche per noi il momento dei saluti.
Ringrazio Andrea. Lui fa altrettanto con me.
Con un sentito e reciproco in bocca al lupo ci diamo appuntamento a Torino.

E’ stata la nostra parte di Viaggio insieme.
Ed ora che ve l’ho raccontato, è senza dubbio anche un pò vostro.