Portogallo – (non) solo bagaglio a mano.

Spagna e Portogallo.

Io li ho sempre immaginati così, fratello e sorella.
Con quella e molto più che una congiunzione, un legame di sangue, piuttosto.

E questo Viaggio è servito ancora una volta a capire perché viaggiare non è solo una passione, un impeto, ma soprattutto una necessità: quella di scoprire cosa c’è al di là del mio naso, comprendere i miei limiti, i pregiudizi, le aspettative e semplicemente spingermi oltre loro.

A questo proposito cito un pezzetto del libro “Solo bagaglio a mano” scoperto tramite consiglio di un Amico Viaggiatore.

“A me è capitato a Kigali, capitale del Ruanda […] tutti andavano di gran carriera, come se fossero in ritardo. […] Chiesi spiegazioni a un ragazzo, occhi iniettati di malaria: “Sir, i bersagli mobili sono più difficili da colpire”. […] La guerra civile, i cecchini gli avevano insegnato qualcosa che si può applicare anche a circostanze meno drammatiche: se ti sposti sarai più difficile da abbattere. Se resti nella stessa casella, stesso quartiere, lavoro, gruppo familiare, quel gran tiratore che è il destino avrà più agio nel prendere la mira”

Mi è servito questo mini on the road per scoprire che il Portogallo non solo è un parente alla lontana della Spagna, ma è diverso nel profondo.
Cambia la lingua, ma ancora di più l’atmosfera, le persone, il cibo.

Se alegrìa è il termine che mi viene in mente quanto penso a Barcellona, ora ho capito perchè la parola d’ordine portoghese è saudade.

Non si può tradurre in Italiano, ma la parola che di più vi si avvicina è malinconia.
La stessa che abbiamo respirato a Lisbona, nella sua decadenza, nelle sue porte uniche a loro stesse, nello spettacolo di Fado a cui abbiamo assistito all’Alfama.
Quella nostalgia di un tempo passato che si percepisce in qualsiasi angolo della città, nel suo tram 28 che attraversa i saliscendi, nella riservatezza delle persone, nel loro parlare a bassa voce.
Nel contenuto festeggiamento del Capodanno, ilare sì, ma mai urlato.

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Nei miei Viaggi ci sono stati tanti colpi di fulmine, Bangkok primo fra tutti, città che non riusciranno mai a conquistarmi, Malaga per esempio.
E poi ci sono quei luoghi da capire, che non ti convincono ma che ti fanno lasciare qualcosa da tornare a riprendere.
Lisbona entra in questa lista.

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Ma ancora prima di capirlo, saliamo su un treno che ci porta a Coimbra.
E’ una sosta breve, ma intensa quanto basta per continuare il mio book-crossing con il libro di Guglielmo Lorenzo, lasciato anche questa volta in un angolo della città, precisamente da Fangas, piccola perla culinaria di Coimbra dove potersi concedere anche una buona lettura.

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Il viaggio prosegue poi verso Porto, la vera sorpresa della vacanza.
Il meteo non è stato dalla nostra: ha piovuto ininterrottamente per 48 ore, ma quando i fiumi di acqua vengono accompagnati da fiumi di Vino, si sopravvive, sorridendo!
Se poi il vino è quello di Porto, lo bevi con così tanto piacere che non sei neanche così sicura stia continuando a piovere.
E se proprio dovesse continuare…allora scatta la visita alle cantine! -Tra le migliori Cockburn’s.

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Porto ci regala anche il piacere di un nuovo amico, Rui, al quale non possiamo non chiedere dove andare a mangiare una buona Francesinha.
E lui non si limita a risponderci che la migliore della città è da Cafè Santiago, ma ci indica anche un rooftop dove poter bere un tea caldo allietandoci con la migliore vista su Porto.

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Per sdebitarci, gli concediamo una sfida Italia-Portogallo che finisce in pari merito e con la promessa di un volo verso Roma entro l’anno per Rui.

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E così, con le immagini di una città bagnata dalla pioggia, che ci ha coinvolte ed incuriosite, che ci ha spinto ad immaginarcela scaldata da sole, torniamo in camera a preparare i bagagli consapevoli che si tratterà solo di un Arrivederci.

Sciao.

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2 vagaBionde a Malta

Avete presente quelle partenze rilassate, che si arriva tutti in anticipo?
che l’aereo è in orario?
che ti sei ricordato di chiudere il gas, di spegnere la luce e non hai parcheggiato la macchina in doppia fila?
che hai messo in valigia lo spazzolino da denti e le ciabatte per la doccia senza rischiare di prendere 3 differenti malattie in 3 giorni?

Perfetto! Cancellate queste immagini e pensate piuttosto ad un appuntamento fissato la sera prima alle 12:00, ed una telefonata che inizia con:
“Tes, io sono a Termini, tu dove sei?”
“…Cazzo io ancora mi devo lavare…”
Aggiungeteci un incendio a Fiumicino, molti, tanti voli cancellati, il nostro che parte con 2 ore e mezza di ritardo e ad un’attesa che in qualche modo va impiegata.

Ecco, è così che io e Tina siamo arrivate a Malta.
D’altronde questa era solo la nostra seconda vacanza insieme, dobbiamo ancora affinare qualche tecnica organizzativa e poi per il 3° viaggio…siamo pronte!

 

Nel frattempo abbiamo fatto scorta di un sacco di consigli utili che, per generosità, condivido con voi:

Punto 1. Se il vostro volo è in ritardo, comprate le parole crociate, imparate a fare il sudoku o svaligiate i duty free.
Insomma, qualsiasi cosa ma non bevete 5 bicchieri di vino prima di salire in aereo, le conseguenze potrebbero avere dei risvolti imprevedibili, tipo: non riuscire a caricare la valigia nella cappelliera!

Punto 2. Se vuoi mangiare in totale relax e fare due chiacchiere dopo una lunga settimana di lavoro, non andare a cena a Paceville: potresti passare la serata in compagnia di gente assai molesta. Assai.

“I can kill you, I can kill you” 😅


Punto 3. A Malta c’è un sacco di gente che corre ma…pochissimi conigli che saltano.
Si stanno estinguendo tutti!

Praticamente si potresbbe girare il remake di questa scena di Forrest Gump con il coniglio
Coniglio arrosto, bollito, grigliato, al forno, saltato, c’è lo spiedino di coniglio, coniglio con cipolla, zuppa di coniglio, coniglio fritto in padella….

Punto 4. A La valletta stanno troppo avanti

Prego vedere diapositive successive.


 Punto 5. Con il vento non si dovrebbero scattare foto, ma se hai il coraggio di farle, allora devi trovare il coraggio di pubblicarle. Check

 

Punto 6. Crepi l’avarizia. In generale. Nelle sue manifestazioni più ampie e variegate.
Esempio:

“Tì ma con il roaming attivato tutto il giorno quanto stai spendendo?”
“Sto già a 100€, Crepi l’avarizia!”

“Ragazze volete anche il dolce?”
“Certo! Crepi l’avarizia!

La valletta, 2 insalate e 2 spritz 40€! Crepi l’avarizia! (si saranno offesi perché non abbiamo ordinato il coniglio)

In poche parole…bisogna vivere bene!

Punto 7. Dovete andare a Paradise bay. Peffforza!


Punto 8. Malta è una Londra sul mare (ma anche un po’ Baghdad senza bombardamenti.)


Punto 9. Malta ha le piscine belle e i pastizzi buoni. What else?

 

Punto 10. Ricordarsi sempre di mettere shampoo in valigia, perché se per due giorni ti lavi con il sapone-mani dei bagni pubblici degli stabilimenti, i capelli ti cadono (e scroccare lo shampoo jhonson alle bambine in vacanza non vale!)

Punto 11. Non viaggiare più con Vueling!

Perchè avete presente quelle partenze rilassate, che ti sei ricordato tutto, che il giorno dopo devi andare a lavoro, che hai l’ansia del traffico in una città che non conosci e che quindi vuoi arrivare in aeroporto con un po’ di anticipo?

Ecco, noi stavolta, memori dell’andata, in aeroposto ci siamo arrivate prima.
Di ben 24 ore, in effetti.
Perché quando viaggi con una low cost appunto, ti può capitare di arrivare in aeroporto e scoprire che il volo è stato posticipato al giorno dopo.
E chi parte adesso? ehhhhhh…


E quindi Vueling ci ha costretto contro ogni volontà ad un imprevisto Lunedì a Malta fatto di colazione-pranzo con vista, di mail inviate a bordo “piscina” ed un gelato sul lungomare.

Come dire…che fatica essere Noi!

 

 

Micky, Alessandro, Barcelona!

Nella vita non bisogna dare sempre seconde possibilità, ma ogni tanto sì. E questa volta ho fatto bene.

Punto 39 della mia travel wishlist: Tornare a Barcellona.
✓ Fatto

Ed ho avuto una conferma: nella mia vita precedente ero Spagnola.
O quanto meno credo di aver vissuto per parecchio tempo in Spagna.
E’ l’unica giustificazione a questo mio sentirmi così a casa, ogni volta che vi metto piede.

Come stavolta, a Barcellona.
La mia seconda volta in Catalogna.

Tornare dopo 7 anni in questa città, me l’ha fatta apprezzare, vivere e respirare con altri occhi.

E sarà stato merito anche della compagnia, ma questa Barcellona mi ha proprio conquistata! Grazie a cosa?

Simple, per estas razones!

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Pratik Bakery: il nostro albergo.
Sì, una bakery house con anche delle camere. Anche una fila interminabile ed interrotta dalla mattina alla sera. Ed anche una colazione ed un profumo di pane che…andateci! Non si può raccontare. (Ma se vi fidate e volete prenotare, questo è il sito)
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El born: un quartiere vivo, giovane, originale.
Di quelli che piacciono a me. Che ti stimolano la fantasia. E anche la fame!
Per fortuna fidandoci delle recensioni siamo finiti qui, da El bormuth: stra consigliato!
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Casa Batilò: consigliata su tutte le guide, fa parte dei must e l’ingresso costa un po’ ma...vale ogni centesimo pagato.
Gaudì è il mio nuovo mito ed io ora sono totalmente innamorata di lui, del suo genio e di questa opera unica. (Ps: l’audioguida è l’assoluto valore aggiunto)
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Sagrada Familia: anche questa è presente in tutte le guide. E di solito queste cose così tanto inflazionate non mi piacciono molto, o quantomeno, non mi emozionano in questo modo.
E invece il gioco di luci che si crea all’interno, il contrasto assoluto tra antico e moderno vale assolutamente la visita (che potete fare saltando tutta la fila e acquistando i biglietti qui)
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Tapas: ecco, io potrei campare mangiando tapas.
Tanti piattini con cose diverse. Praticamente la versione spagnola dei cicchetti veneziani.
Spizzicando qua e là, abbiamo abbinato l’immancabile pane y tomate con tante pietanze diverse e oltre El bormuth di cui sopra, assolutamente consigliato per l’autenticità e i sapori tradizionali questo posto: OpenBar.

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Una Domenica nel Barrì Gotico: se si ha la possibilità di passare una Domenica a Barcellona, non si può non passare qui, nel Barrì gotico.
Visitando La catedral e assistendo alla Sardana, un ballo folkloristico che raccoglie abitanti di Barcellona e dei paesi limitrofi: i ballerini in cerchio si tengono per mano e alzano le braccia danzano con passi piccoli e precisi, girando intorno mentre altri si uniscono ingrandendo sempre più il cerchio. Da vedere!

Bar del Pi: Non sempre si ha la possibilità di conoscere la Barcellona più autentica grazie ad una veterana del posto e beneficiare del sole ascoltando i suoi racconti sull’indipendentismo, sul quartiere El Raval e su quanto e come è bella Barcellona.
Ma si può sempre andare al “Bar del Pi” ed ordinare una cioccolata calda con churros. Senza i racconti di Iolanda e la sua incantevole parlata non sarà proprio la stessa cosa…ma merita.

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La Rambla, il mercato della Boqueria e Barceloneta: non si può andare a Barcellona e prescindere da una passeggiata sulla Rambla facendo tappa al mercato della Boqueria.
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Barceloneta e la miglior paella di Barcellona: Così come non si può non andare a La Barceloneta e affondare le proprie papille gustative in una paella de marisco.
Noi abbiamo seguito il consiglio di Iolanda e della Lonely Planet “a miglior paella di Barcellona è da Cheriff“. Era anche il compleanno di Ale, non abbiamo sbagliato!
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Camp Nou: l’ultima tappa degna di nota di questa 3 giorni a Barcellona.
Solo un commento: E’ stato emozionante.
E se è detto da una delle persone meno tifose di calcio al mondo…vi potete fidare!

D’altronde se lì ho letto MES QUE UN CLUB…qui posso scrivere con assoluta convinzione MES QUE UN WEEKEND!

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Amsterdam è…Gezellig!

Si fa presto a dire “da questo viaggio torno con un bagaglio ricco di esperienze e bla bla“…quando il bagaglio torna a casa con te!
E’ a dirlo con una denuncia per smarrimento bagaglio in mano…che la questione si fa un pelo più complicata!Eppure…
Eppure questa Amsterdam (al netto della valigia a spasso nel mondo, il viaggio nel Viaggio -quando dici trip-, il freddo che a tratti ci ha fatto dubitare della reale esistenza delle mani e dell’attaccamento al nostro corpo) si è impadronita di un altro pezzetto di cuore che ora se ne sta seduto ai bordi di un canale godendosi il panorama.Il motivo?!
Prima di tutto, lei…la nostra dimora.
Dormire per la prima volta in un’houseboat è stata una delle esperienze più suggestive mai provate.
(Arrivarci alle 01.30, di notte, scavalcando una traliccio perchè non conoscevamo la strada, anche!)Ma quello che ricordo è il calore (intanto quello dei termosifoni, la remora più grande prima di arrivare) ma soprattutto quello visibile agli occhi.
Le luci del salotto.
Il riflesso del canale sulle finestre.
Una colazione speciale.
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Gli altri motivi gironzolano in bicicletta tra i canali.
Fermandosi a bere un caffè americano da Starbucks per dare sollievo alla mani infreddolite, e riprendendo presto la rotta per il mercato dei fiori, l’Heinekein experience, o la casa di Anna Frank.
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Ma è per nessuno di questi motivi che desidero tornarci, e farlo presto.
Non è per l’esperienza nel coffeeshop (vaderetro, Satana) o per l’insolita gita al quartiere a luci rosse. È per la magia che questa città è stata in grado di regalarci.
Sì, chiudete gli occhi, e immaginate quell’atmosfera che solo Woody Allen sa far percepire.
Aggiungete una colonna sonora, chessó..questa.
E via!
Iniziate a perdervi nelle vie labirinto, nel reticolo del Jordaan, con la bocca aperta ammirate le case storte, fermatevi ad un caffè bruin, e camminate.
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Meravigliatevi della quantità infinita di biciclette.
Riscontrate con i vostri stessi occhi quanti e quali bei negozi, botteghe o cafè ci sono.
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Camminate ancora, e respirate la Gezellig olandese.Cos’è? eh…cos’è?!
Ne avevo sentito parlare e letto qualcosa. Ma non avevo capito che fosse realmente così!
Non abbiamo un termine italiano che sia in grado di tradurre questa parola, ma anche noi italiani, quando vogliamo sappiamo esserlo.
E’ ricevere aiuto da chiunque, e col sorriso, a qualsiasi richiesta.
E’ cordialità. Accoglienza. Farti sentire a tuo agio.
E’ essere ospitali e trasmetterti la voglia di non andar via. Ecco, io non volevo andar via.
E Nemmeno il mio bagaglio.
Ma è tornato. Dice che dobbiamo tornarci insieme, che c’è più gusto.
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Io mi fido, ma nel frattempo ci prepariamo per la laguna nostrana.
Venezia arriviamo!

La mia Varsavia e i suoi preziosi insegnamenti!

Varsavia è bellissima.
Ma questo l’ho scoperto alla fine.
Partiamo dal principio e da quel gruppo su whatsapp che si chiamava prima “Oslo con furore” e che poi si è trasformato in “Varsavia low cost” (passando per Parigi, Londra e Dio solo sa quante altre mete).
Ma è così, mamma Ryanair anche questa volta ci ha regalato grandi emozioni (e un biglietto alla modica cifra di 50€ a/r)

Forse per il volo pagato poco, per qualche reticenza di troppo, legata all’immaginario di una città dell’est o semplicemente per la paura del freddo incombente…sono arrivata in Polonia con delle aspettative piuttosto basse.
E si sa, è in questi casi che si ricevono le sorprese più belle.

E insomma…sì, Varsavia è bellissima.
E come ogni viaggio che si rispetti, torno con il bagaglio pieno di piccoli insegnamenti. Ne elenco alcuni, per esempio:

– Che Booking.com non è affidabile: arrivi a Varsavia convinta di andare in un appartamentino accogliente in pieno centro e con ottimi feedback…ed è un attimo che ti ritrovi in un Novotel 4 stelle al 26° piano e camera con Vista.
Beh, per stavolta…MICA male!
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– Che se decidi di andare allo zoo, scopri che i bisonti non si sono estinti (quelli sono i mammut) che l’antilope non è “tipo una pantegana” ma è decisamente diversa.
E soprattutto che se un attimo prima vedi delle scimmiette divertirsi su un albero e pensi ad alta voce “ma siamo sicuri di poter dire che ci siamo realmente evoluti? loro si divertono tutto il giorno e noi passiamo le nostre ore davanti ad un pc a lavorare”...l’attimo dopo Stefano ti fa notare una scimmia intenta a ingurgitare le proprie feci e.. “sì, micky, forse un tantino ci siamo evoluti!!”

– Che il caffè a Varsavia non è tanto buono, ma se decidi di prenderlo da Caffè Nero puoi assaggiare una torta di carote squisita, e godere di un’atmosfera unica.
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– Che è quando pensi “è arrivato l’inverno!“, che l‘autunno rivendica con decisione che questo è il suo momento!
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– Che i ravioli cinesi (che mangiamo in Italia), a Varsavia si chiamano Pierogi.
E sono più buoni (ma ugualmente pesanti!)
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– Che tutte le strade portano al Novotel: in qualsiasi strada o punto della città ci trovassimo, eravamo sempre in grado di vedere l’edificio imponente.

– Che è la città con la vita meno cara dove io sia stata finora.

– Che se vai a Varsavia non puoi non andare qui: Bistro Varsavia…un posto meraviglioso in una delle piazze più belle d’Europa (non a caso patrimonio dell’Unesco) e ordinare una tartare.
Anche se sono le 17:20 e dopo un’ora devi essere in aeroporto per tornare in Italia. Ma d’altronde lo dice Peppe “in vacanza: no rules!”
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– Che ho avuto idee più geniali che mangiare un kebab alle 2 di notte.
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– Che dopo aver mangiato un kebab alle 2 di notte, pensando non fosse un’idea geniale, ho anche pensato che avrei iniziato in maniera i-n-a-m-o-v-i-b-i-l-e la dieta.
E invece il giorno dopo ho mangiato questo.
Ma d’altronde, come dire di no?!
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– Che su il Cielo d’Irlanda hanno scritto una canzone…ma anche quello di Varsavia, dice la sua.
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– Che se in tempi non sospetti, e a ragion veduta, avevo esclamato “mai mangiare in un ristorante con tovaglia a quadretti rossi e bianchi…poi non mi posso lamentare se, seduta ad un tavolo con tovaglia quadretti rossi e bianchi, mi portano questa zuppa: insapore, con taaaaanto odore (di aglio e cipolla insieme) e con un uovo sodo galleggiante dentro!
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– Che Copy-Left per me significa condivisione di cose belle. E il mio primo esercizio di bookcrossing con il libro di Guglielmo Lorenzo: Oggetti usati da Peter Mc Cook lasciato in un cafè all’aeroporto di Modlin a Varsavia in attesa che qualcuno lo adotti, ne è la testimonianza. (A proposito… se lo avete trovato, scrivete a petermccook@hotmail.com!)
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– Che viaggiare è una delle emozioni più intense che la vita mi regala. Ogni volta.
E se ti circondi di amici come i miei, ogni avventura diventa una storia da raccontare. Soprattutto se si tratta del primo vero viaggio insieme dopo 14 anni di Amicizia.
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Ed ora, tornata a casa…corro a depennare Varsavia dalla travel-whislist.

Ma niente paura. Si aggiungo altre due mete:

– Dachau e il primo campo di concentramento
– Matera appena eletta città europea della cultura 2019.

Quindi “…prenotiamo?!”


“spassiba” San Pietroburgo

“Quando anche il viaggio, fa parte del Viaggio”

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Questo ho pensato una volta salita sul treno Mosca – San Pietroburgo.

E avevo ragione.

Cuffie nell’orecchio e sguardo fisso al finestrino (ok lo ammetto, eccezione fatta per un pranzo veloce e qualche sbadiglio)
Ma è così che ho attraversato la Russia.
Ed è con questa pace interiore che San Pietroburgo mi ha accolta.

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La Venezia del Nord. Così la chiamano.
Ma io non credo possa essere qualche canale a rendere simili due città così profondamente diverse.
Una cosa peró hanno di certo in comune: la capacità di conquistare.

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E non è stato l’Ermitage con il suo Palazzo d’Inverno a stregarmi.
E nemmeno aver fatto la crociera notturna sulla Neva assistendo all’apertura dei ponti uno dopo l’altro.
Suggestivi entrambi ma entrambi nella lista dei “TO DO ” che ogni buon turista, o presunto tale, stila da casa prima di avventurarsi.

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Piuttosto è tutto quello che non mi aspettavo di vedere, di provare che ha reso questo viaggio così pazzesco.

Perchè pazzesca è l’emozione che non credevo e che invece ho provato nel poter entrare dentro casa di Dostoevskij dove tutto è ancora come lui l’ha lasciato e dove il tempo sembra essersi fermato.

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Pazzesco è stato passeggiare per la sua Prospettiva Nievsky, quella descritta nei suoi libri, quella dove i negozi sono aperti 24ore al giorno, quella che il giovedì è semi deserta e il venerdì si trasforma in un circo.

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San Pietroburgo è alzare gli occhi verso il cielo alle 22:30 e non stupirsi se il sole non è ancora tramontato.

È camminare nella sfarzosità, e trovare la Povertà dietro l’angolo in un mercato improvvisato, timido e spontaneo.

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È stato il coronamento di un sogno: trovarmi davanti l’accademia di Danza Vaganova e pensare di poter camminare sopra lo stesso pezzetto di pavimento delle più grandi etoile al mondo (Svetlana Zacharova così…tanto per dire!) e di poter assistere ad un loro balletto al Teatro Mariinsky.

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Ma soprattutto la mia San Pietroburgo non puó non essere l’incontro con Ivan e le ultime 48 ore trascorse insieme a lui.
Dottorando in matematica, il suo passaporto racconta del suo trasferimento dalla Russia a Marsiglia, del suo rientro a casa una volta in 3 anni e della storia a distanza con una ragazza di Praga.

Ma sono le sue parole, nelle 3 lingue che parla, a raccontare molto di più sui suoi viaggi e a regalarmi una Russia autentica, intensa, colorata.

Con lui sperimento la cucina tipica in un ristorante chiamato Atmosfera.
Nessun nome fu mai più azzeccato: musica, colori e sapori perfettamente mescolati tra loro.
Ma, cosa ancora più sconcertante, è per lui che mi ritrovo davanti ai fornelli con pancetta, cipolla e pomodorini a preparare un piatto di Amatriciana. In Russia.

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Credo sia venuta bene, perché decide di fare da Cicerone e ci accompagna un pó ovunque.
Ovunque sia concesso camminare, è così che i piedi iniziano ad andare mentre i nostri racconti ci conducono da una città all’altra del mondo.

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Degustiamo 3 tipi diversi di Vodka (vuodka) accompagnati da 3 diverse specialità culinarie.
Ma mi dice che la vera bevanda tipica russa è un’altra e che non si può andare via senza averla provata.

Gli dico che mi fido ciecamente.
È così che ci ritroviamo, incantati dallo spettacolo che abbiamo di fronte, a sorseggiare una gelida Kvass, bevanda a base di pane mai incontrata prima dal mio palato e così tanto familiare per il suo.

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Non bastano delle parole, scritte, raccontate, ascoltate o anche solo bisbigliate.
Non riescono delle foto.
E non ci riesco forse nemmeno io a spiegarlo quel brivido che questa città che così tanto bramavo e sognavo di vedere, mi ha lasciato sulla pelle e nei ricordi.

Su una panchina a Londra c’è scritto “Everybody needs a place to think”.
Ecco, San Pietroburgo è quel posto.
Il mio.

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“Perché proprio in Russia?”

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Fino a qualche giorno fa la risposta a questa domanda era semplicemente il frutto di una sensazione. 

Oggi è qualcosa di più di un istinto e qualche diario di viaggio.

Oggi è l’imponenza di Mosca a salire sul palco e a spiegare il perché.

Dici imponente e pensi a monumenti massicci, grattacieli importanti, opere grandiose.
No, c’è di più.

Strade enormi, una Piazza Rossa così grande da fare spavento, centri commerciali che sembrano videogiochi.
Si, ma c’è di più.

L’imponenza di Grande Madre Russia.
Di un paese che sa di essere il più esteso al mondo e che non perde occasione per ricordartelo.
Una città che non si scomoda a parlare inglese (figuriamoci Italiano), fortemente radicata al cirillico, perpetuato ovunque.

Ma se il primo giorno ti senti perso, se alla prima corsa metro non sai in che direzione stai andando nell’odissea sotterranea che ti si palesa davanti dove nessuna indicazione appare chiara (nessuna)

La realtà è che basta far passare qualche ora, beneficiare del dovuto riposo e abbandonare le reticenze europee…per accorgerti che la metro di Mosca non è un campo minato con sole scritte nemiche, ma un museo sotterraneo capace di stupirti ad ogni fermata (oltre che in grado di portarti ovunque)

Che il mare è lontano ma ci sono mille modi per far vivere l’estate. 
Mosca è tanto, infinito verde ad ogni angolo della città e la possibilità di beneficiare di svariate pause relax tra una decina di km e l’altra.

È Park Kultury, per il giorno e via Arbat per la sera dove un pullman fatto pub diventa il posto più caratteristico per brindare con due birre e vivere il Sabato sera Russo.

È cibo non troppo invitante e un Cremlino meno entusiasmante di quello che immaginavo…
È pantalone rosso, abbinato a maglietta celeste e sandalo arancione (insomma, una moda non proprio all’avanguardia)
È una città dove le sigarette si vendono a 50 rubli (pari ad un euro) ma nascoste dietro ad un telo quasi fosse contrabbando.

È la sensazione che si tratti di una città non facile da capire e dove difficilmente lasci il cuore con un breve city-break…ma questa mia Mosca è pura serenità, lunghe camminate, giornate senza orari e intense riflessioni.

Quello che cercavo, di cui avevo bisogno.

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