All’università impari che esistono i nonluoghi.
Si tratta di quei posti che potresti entrare a Roma ed uscire a New York e non noteresti differenza.
Tutti-uguali-tutto-uguale.
Centri commerciali, grandi stazioni, franchising, catene di alberghi.
Spazi non identitari, contenitori di rapporti precari, luoghi di transito, luoghi dove tutto è simile.
Nonluoghi appunto.
E poi c’è questo posto.
Non lo trovi su nessun libro universitario.
E ogni tanto fatica anche il navigatore a localizzarlo.
Ma esiste.
Il luogo dove tutto è sì uguale, ma a se stesso: è il luogo dell’infanzia.
Che cresce, si rinnova, cambia pelle, ma non si snatura mai. Mantiene la sua essenza.
Il posto che senti come casa.
Che è casa.
È questo il posto del “quanto sei cresciuta” di anno in anno.
Che prima suonava come un complimento ed ora è più che altro una constatazione (amichevole)
Del “sei uguale a tua madre“.
E allora hai la certezza del complimento.
Ed é in posti come questi che è conservata una verità: di un posto che ti ha vista crescere, cambiare, diventare grande non sei tu a conoscere bene ogni angolo ma è lui a sapere tutto di te.
E quando un posto ti conosce, sa come farti stare bene.
E sa che basta poco.
Sai che basta questo.
Non hai bisogno di altro se non della colazione da Walter, che è lacolazione.
Della distesa di sassi dove correvi senza farti male.
Dove bastava un pó di fantasia e il sasso smetteva di essere sasso per diventare qualcos’altro.
Dove quindi, alla fine, ti accorgi che non è cambiato nulla.
È qui, in questo mare, che ho imparato veramente a nuotare.
Qui che ho fatto il primo bagno a mezzanotte.
E sempre qui ho capito che non riuscirò mai a far saltare il sasso sulla superficie dell’acqua per più di tre volte.
Questa spiaggia è il cappello di mio nonno, che cambia colore ogni giorno e ogni giorno mi ricorda che per ogni problema esiste una soluzione.
Sono le confidenze, le scoperte, le chiacchierate, il mare fino al tramonto.
Essere piccoli e diventare grandi insieme. Io e mio fratello. E con noi chi ci ha visto cambiare.
I gavettoni, sfidare le onde, il bagno al largo con il pattino, aver visto crescere Chiara ed ora veder succedere lo stesso con Jacopo.
Questo posto per me è Isola felice.
È boccata di ossigeno, è respirare aria pura prima di ripartire.
Qualsiasi sia la destinazione.
Ok, sono pronta.
Questo pensiero permette di sognare e di riconoscere in un posto l’isola felice di cui hai parlato. Questo pensiero ti fa sentire a casa e ti da la consapevolezza che esistono luoghi dove ti puoi rifugiare, quei luoghi che non ti abbandoneranno mai; quei luoghi che ti culleranno, che ti consoleranno quando il resto del mondo ti prende a calci!
Grazie per avermi fatto sentire a casa nonostante quella sia la TUA isola felice!
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Volutamente non è indicata la località.
Sono sicura esista un’isola felice in ognuno di noi:)
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Proteggi l’isola quando verrà attaccata, non dimenticarla quando il tempo non sarà generoso con te. E parlane più che puoi per viverla ancora e per consentire a chi ti ascolta di ritrovare la propria.
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L’ha ribloggato su Lo vedi il rumore di favole spente?e ha commentato:
La mia sorellina scelta, una bella stella del firmamento dell’universo.
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